TANTI ALLEATI UN SOLO OBIETTIVO
Questo articolo apparso su Repubblica del 27 Marzo 2003, esprime con chiarezza le idee di una delle fautrici del nuovo corso politico Americano e quindi della cosiddetta "Guerra Preventiva": Condoleeza Rice – Consigliere per la Sicurezza nazionale dell’Amministrazione Bush.
Ci è sembrato opportuno riflettere sopra quello che esprime, poiché è parte in causa del disastro bellico in corso.
Circa cinquanta nazioni sono infatti impegnate a privare il regime di Saddam Hussein di tutte le sue armi letali, distruttive e illegali. Per inquadrare meglio la situazione, l’intera popolazione dei paesi della coalizione assomma approssimativamente a oltre un miliardo di persone, che generano un prodotto interno lordo di 22 trilioni di dollari. Questi paesi appartengono a tutti i continenti del pianeta e rappresentano ogni principale razza, religione ed etnia del mondo. Per quanto diversi siano i membri di questa coalizione, ognuno di essi condivide lo stesso comune obiettivo. Non vogliamo per i nostri popoli nient’altro che la sicurezza. Molti dei paesi della coalizione hanno patito le dirette conseguenze del terrorismo; tutti comprendono l’orribile costo del terrorismo e il pericolo, in teoria prossimo alla catastrofe assoluta, derivante dalle armi di distruzione di massa.
Ma, assolutamente, tutti hanno la volontà di far fronte alla peggiore minaccia dei nostri tempi: il legame tra regimi fuorilegge, le armi di distruzione di massa e il terrorismo.
Il mondo ha visto che cosa può succedere quando i paesi che si accorgono dell’affiorare o della presenza di una minaccia tralasciano di affrontarla adeguatamente. Molte volte nell’ultimo secolo – e non più tardi dello scorso decennio – il mondo ha trascurato di agire tempestivamente per prevenire una crisi o fare fronte ad una minaccia. Alcuni membri della attuale coalizione hanno dovuto convivere per decenni con le devastanti e terribili conseguenze derivanti da quello sbaglio.
Alcuni soltanto di recente sono usciti dalla tirannia innescata in buona parte da quel fallimento. Alcuni mesi fa il primo ministro dell’Estonia riferì al Presidente Bush che non gli occorreva una spiegazione sul perché fosse necessario affrontare l’Iraq. Il suo popolo ha vissuto per cinquanta anni in schiavitù perché le grandi democrazie negli anni 30 tralasciarono di passare all’azione.
I membri di questa coalizione non sono venuti meno. Contribuiscono in maniera diversa con personale, servizi e materiali, secondo le loro possibilità e la loro competenza. La prima divisone armata inglese è impegnata con alcune unità irachene bene equipaggiate nel sud est del paese e sta mettendo in sicurezza i giacimenti meridionale di petrolio e l’importante città portuale di Umm Qasr, attraverso cui ben presto affluiranno tonnellate di aiuti umanitari. La marina australiana sta fornendo la copertura di fuoco alle truppe della coalizione che si trovano nell’Iraq meridionale e sta effettuando lo sminamento del porto di Umm Qasr. I reparti speciali polacchi hanno messo in sicurezza una cruciale piattaforma petrolifera del Golfo. Un sottomarino danese sta monitorando le intelligence irachene e fornisce informazioni in tempo utile. I reparti speciali cechi e slovacchi, esperti in armi chimiche e biologiche, si trovano in Kuwait, pronti a reagire ad un’eventuale attacco iracheno con armi di distruzione di massa, ovunque esso possa verificarsi.
Molti altri paesi forniscono approvvigionamenti, supporto logistico e di intelligence, i permessi di sorvolo e di scalo per l’aviazione, aiuti umanitari per la ricostruzione. Altre nazioni manifestano la volontà di far fronte al terrorismo, sebbene non abbiano i mezzi per poter prendere parte a queste operazioni. Ogni tipo di supporto, da qualsiasi paese provenga, per quanto grande o piccolo che sia, ci aiuterà a vincere questa guerra. Ed ognuno di essi è apprezzato.
Con il procedere della guerra, con l’evolversi della situazione in loco, i ruoli di molti membri della coalizione diverranno sempre più importanti. Quanto più all’interno dell’Iraq si spingeranno le forze della coalizione, tanto più bisogno ci sarà di team differenziati e specializzati. Quanto più migliorerà la sicurezza, tanto più celermente gli sforzi per i soccorsi e per la ricostruzione saranno in grado di avanzare in molte zone dell’Iraq, con sempre più numeroso personale della coalizione in grado di fornire i servizi essenziali.
Quanto più si allargheranno la guerra e la lotta contro la proliferazione delle armi chimiche, biologiche e nucleari, tanto più le nazioni avranno bisogno, più che mai, di essere unite per far fronte efficacemente alla palesi minacce della nostra epoca.
Al pari della Guerra Fredda e della fine della Seconda guerra mondiale, anche l’11 Settembre ha rappresentato uno dei rarissimi terremoti in grado di provocare duraturi cambiamenti epocali in politica internazionale. Alleanze costituitesi da molto tempo e onorevoli istituzioni sono messe alla prova. La comunità internazionale può mostrarsi alla altezza di questa minaccia, proprio come già in passato si è mostrata all’altezza di altre. La coalizione formatasi in questa occasione e mirante a disarmare l’Iraq mostra come si possa fare.
Insieme siamo determinati a fare tutto ciò che sarà possibile per evitare che Saddam Hussein, o terroristi che da lui hanno ricevuto armi, possano mettere in atto su più vasta scala un altro 11 Settembre. Continuando a lavorare insieme – e adoperandosi per includere quanti più paesi possibile – potremo evitare che simili o peggiori disastri causati da qualcuno altro si verifichino in futuro.
Condooleza Rice è consigliere per la Sicurezza nazionale dell’Amministrazione Bush.
Traduzione di Anna Bissanti.
Tratto dal Wall Street Journal
Su segnalazione di Arturo Carmi.